Lindsay Harris
Quel Che Rende L’Arte Possible

Da sempre le rovine affascinano gli artisti in quanto simbolo del passare del tempo. Con l’avvento dell’Umanesimo nel Quattrocento, caratterizzato dalla curiosità sulla vita e la produzione artistica di Greci e Romani antichi, gli artisti cominciano a rivolgersi ai resti delle civiltà antiche con rinnovato entusiasmo. Roma si afferma come epicentro di questo impulso, in gran parte grazie alle continue scoperte di edifici, sculture e affreschi antichi da parte degli archeologi contemporanei. La possibilità di toccare con mano le creazioni delle prime società e il fatto che il tempo abbia il potere di devastarne l’integrità innescano un’associazione tra rovine e nostalgia per l’epoca passata.

Al contrario, per i dodici di artisti inclusi in Rigenerazione il degrado trabocca di possibilità. Per alcuni, la fotografia offre l’opportunità di richiamare l’attenzione sulla perpetua evoluzione del paesaggio. Calchi di rami, rampicanti e foglie attestano la tendenza della natura a trasformare i detriti in nuova vita. Per altri, gli oggetti di cui ci si sbarazza durante le attività quotidiane – bottiglie di plastica, un fermaglio per capelli, una scarpa vecchia – chiariscono come gli essere umani catalizzino le trasformazioni dei paesaggi. Sia che rappresentino spazi naturali o luoghi abitati, queste fotografie ci spingono a riflettere sull’etica del degrado ambientale. Quali paesaggi proteggiamo dall’intervento dell’uomo? Quali, invece, sacrifichiamo allo sfruttamento antropico, ritrovando, nel loro abbandono, schemi, linee e forme che ci colpiscono con la loro inaspettata bellezza?

Anche i valori che attribuiamo all’ambiente urbano occupano un posto di primo piano in questa mostra. I ruderi industriali emergono, in Rigenerazione, come monumenti alla svigorita suadenza della modernità. L’ambizione associata all’età del grattacielo, dell’automobile e, poco più tardi, della sala cinematografica svanisce in immagini che mostrano il deterioramento di queste icone del Novecento. Similmente, la magnificenza dei monumenti di epoche precedenti viene messa in discussione in immagini fatte a mano che disintegrano le rappresentazioni storiche di questi siti. Queste opere richiamano l’attenzione sulla natura stessa della conservazione, per la quale valutiamo quali elementi dei nostri spazi costruiti preservare e quali lasciare andare.

Infine, questa mostra mette in evidenza la capacità dell’arte di generare resilienza dinanzi alla distruzione causata dalla violenza. I traumi della guerra, il razzismo e le loro conseguenze lasciano tracce che si possono scorgere e che restano invisibili. Molti degli artisti di Rigenerazione hanno sviluppato processi creativi che usano gli elementi di tempo, meditazione e metamorfosi inerenti nel fare arte per riconoscere queste cicatrici e cercare di curarle seppure in minima parte. Nelle loro opere, i simboli di odio e intolleranza si decompongono in forme nuove che racchiudono in sé la promessa di un nuovo inizio, un cambio di prospettiva, o, almeno, un attimo di tregua per riflettere sulle possibilità che ci si prospettano.

Lindsay Harris è l’Andrew Heiskell Arts Director ad interim. È storica della fotografia ed è stata Rome Prize Fellow 2014 per gli studi italiani moderni, quando ha lavorato al suo imminente libro, An Eye for Progress: Photography and Primitivism in Italy, e ha organizzato una mostra sulla fascinazione dei fotografi contemporanei per la scultura romana. Harris è stata Andrew W. Mellon Professor of the Humanities dell’Accademia dal 2014 al 2018 e ha organizzato l’acclamata mostra Matera Imagined/Matera Immaginata: Photography and a Southern Italian Town.