Elizabeth Rodini
Disfacimento

Roma si sta disfacendo. Ovunque, intorno a noi, il cemento si sgretola e la vernice si spella, le radici degli alberi rivoltano le pietre, mentre gli scarichi delle auto insozzano gli edifici e le piogge acide ne corrodono le decorazioni. I monumenti che contraddistinguono Roma sembrano sempre più precari, facendosi beffe di quell’idea di eternità che, fin dall’inizio, ha reso possibile la loro creazione.

Sebbene, nell’età dell’Antropocene, stia mutando e accelerando, il decadimento è una forza onnipresente e le “rovine” che produce sono il marchio durevole dell’atteggiamento degli occidentali nei confronti dello scorrere del tempo. Paradossalmente, che abbia origine dalla nostalgia o dall’ansia, la rappresentazione delle rovine dà fissità a oggetti in sé potenti proprio perché subiscono un mutamento. Tali rappresentazioni suppongono che la rovina sia una cosa quando invece sarebbe meglio intenderla come un processo.

Rigenerazione trae ispirazione dalla descrizione degli oggetti culturali come “combinazioni provvisorie di materia” proposta da Caitlin DeSilvey. Può sembrare una definizione fredda di arte, ma è anche un promemoria su come l’arte può aiutarci a dare un senso alla transitorietà in un’epoca in cui il cambiamento assume un’importanza vitale. Per gli artisti ospitati in questa mostra, la decadenza, ovvero il disfacimento fisico dei corpi, è origine e sostanza dell’espressione creativa più che il suo punto di arrivo sentimentale e spiazzante.

Questa particolare visione dell’arte è necessariamente globale. Immagina un continuo farsi e ri-farsi del mondo che va oltre i limiti umani fin proprio alla formazione di quello stesso marmo che i Romani avevano poi estratto per i loro monumenti. Allo stesso modo, questa visione abbraccia gli oceani e i continenti, indipendentemente dai popoli che li hanno attraversati o che li hanno occupati. E poiché considera la forza vera e propria della materia, essa apre anche la strada a diverse interpretazioni culturali degli elementi che ci sono comuni.

Il discorso che ne consegue è, pertanto, di natura etica. Oltre il fattore uniformante della pura materialità – che noi e il mondo siamo polvere – vi è la questione di come ravvisare, fissare, intervenire su, e forse prevenire questi processi naturali. Da una parte c’è il problema delle risorse: chi ha gli strumenti per decidere quali edifici crolleranno mentre altri vengono ricostruiti, quali paesaggi sono degni di intervento e quali dovrebbero essere lasciati “in mano alla natura”? Dall’altra, vi sono questioni più elusive, che riguardano l’atteggiamento culturale verso la permanenza, il valore e la bellezza.

I monumenti romani erano destinati, per definizione, a sopravvivere a tutto il resto. Ma altre tradizioni trovano del potenziale altrove, anche nel frammento e nei materiali che sono restituiti alla terra. Gli artisti che fanno parte di Rigenerazione esplorano questi aspetti della materialità, così come il potere dell’assenza, il silenzio, l’ombra e l’impronta. Rifiutano di collocare l’arte in una cronologia di giudizio che vede l’insieme come apice di un successo e il deterioramento come declino, e preferiscono invece inquadrare l’espressione creativa lungo un continuum di ininterrotta reinvenzione degli elementi.

Elizabeth Rodini è Direttore ad interim dell’Accademia Americana a Roma. In qualità di Direttore artistico di Andrew Heiskell dal 2019 al 2021, ha organizzato vari progetti importanti: Cinque Mostre 2020: Convergence, che ha proposto il lavoro degli Academy Fellows; la mostra multisite all’aperto Streetscapes; una serata di spettacoli musicali e installazioni intitolata Aluminum Forest; e Reading the City, un ritrovo di autori italiani che hanno presentato nuovi testi sull’ambiente urbano. La ricerca di Rodini è incentrata sulla mobilità degli oggetti e su storie di trasferimento di materiali, con un particolare accento sulla prima Venezia moderna e sul suo rapporto con il Mediterraneo orientale. È autrice di Gentile Bellini’s Portrait of Sultan Mehmed II: Lives and Afterlives of an Iconic Image (2020).