Binh DanhMilitary Foliage
Le foto di Binh Danh prendono le mosse dal ciclo di deterioramento e rinascita del mondo naturale e dalla capacità della mente di ricordare e dimenticare. Sono create con una tecnica che lui stesso ha inventato – il metodo della stampa alla clorofilla – che usa la fotosintesi delle piante per dar vita a foto prive di sostanze chimiche. Per creare un’immagine, Danh posiziona una trasparenza su una foglia, schiaccia entrambi tra una superficie compatta e una lastra di vetro e li espone alla luce del sole. Poi lascia che la natura compia la sua magia per un periodo di tempo che varia da poche ore a pochi giorni. Le immagini che ne risultano sfidano gli osservatori a riconsiderare il concetto stesso di fotografia e le idee di identità, famiglia e memoria che il mezzo implica.
La creazione di nuova vita dalla perdita che sottende alla tecnica di Danh pervade il significato dei suoi scatti. Danh è figli di profughi di guerra trapiantati dal Vietnam alla California. Crescendo negli anni ’80, si è fatto un’impressione del paese d’origine della sua famiglia principalmente attraverso film come Apocalypse Now e Platoon, in cui giungle impenetrabili figurano come protagoniste. Le piante allora diventano il veicolo con cui Danh affronta il trauma della guerra in Vietnam che ha trasformato la vita della sua famiglia. Nella serie Military Foliage, del 2021, che comprende le opere di questa mostra, Danh crea stampe alla clorofilla del camouflage, un’immagine astratta creata dagli artisti durante la Prima Guerra mondiale per permettere ai soldati di mimetizzarsi con il paesaggio. Nell’era digitale, il camouflage dipinto a mano è stato sostituito da rappresentazioni computerizzate di ambienti, dalle distese di ghiaccio ai deserti. Stampando un motivo camouflage su una singola foglia, Danh accenna alle vite degli individui colpiti dalla guerra e alla rigenerazione della vita in natura, indipendentemente dalla fallibilità umana. (ER)
A proposito dell’artista
Nato a Barletta, Fabio Barile ricorda una fascinazione infantile per le macchine fotografiche e per la loro meccanica. Ha iniziato a dedicarsi seriamente alla fotografia nel 2002 e attribuisce l’influenza iniziate al futurista Anton Giulio Bragaglia. Ha conseguito una laurea in fotografia della Fondazione Studio Marangoni di Firenze nel 2007. Gran parte del suo lavoro esplora paesaggi fluttuanti: erosione costiera, il comportamento incerto delle nuvole, le strutture complesse delle foreste. Alla base delle sue fotografie ci sono idee di evoluzione culturale, interconnettività e coscienza umana. La prima personale di Barile alla galleria Matèria di Roma, Homage to James Sutton, si è svolta nel 2015. Aveva partecipato alla mostra di gruppo On Earth: Imaging, Technology, and the Natural World nell’ambito della cinquantesima edizione dei Rencontres d’Arles e del Foam ad Amsterdam. Nel 2019, ha partecipato alla mostra collettiva Di Roccia, fuochi e avventure sotterranee al MAXXI di Roma. Barile vive e lavora a Roma ed è rappresentato da Matéria.